Il giusto tempo nelle pratiche in Vinyasa come Ashtanga, troppo veloce o troppo lento?

Lo so… i post tecnici piacciono poco, ma ogni tanto hanno una loro utilità. Mi soffermo spesso sulla valutazione di come debba essere cadenzato il ritmo  una pratica, per ogni persona può essere soggettivamente diverso, ma esistono alcuni “standard”, non dettati da leggi senza senso scolpite sulla roccia del dogma, ma semplicemente logici. Parliamo di Vinyasa, quindi una pratica (sia essa vinyasa flow o Ashtanga Yoga) che ha di fondo una logica chiara, il movimento in stretta connessione col respiro, ma facciamo chiarezza su questo punto. Ho scritto un piccolo testo dove parlavo proprio della storia e da dove proviene il Vinyasa, questo fa parte dello Yoga lato nord dell’India (dove peraltro fa freddo) ed il “saluto al sole” è il perfetto prototipo del vinyasa, cioè ad ogni inspiro ed espiro corrisponde un’asana o un movimento preciso. Esistono vari sistemi di Hatha Yoga che hanno adottato questa tecnica, tra cui anche l’Ashtanga Yoga del Maestro Pattabi Jois, dove le asana in genere vengono tenute per un tempo breve (5 respiri) proprio per non interrompere il flusso (stessa cosa nel vinyasa Flow), rispetto all’Hatha “tradizionale” dove le asana vengono tenute  3-5 minuti (quindi con un principio di flusso totalmente diverso). A questo punto sorge il dubbio, ma quanto deve essere rapido o lento il movemento della pratica? Ci sono vari parametri che ci possono guidare, ma in particolare mi piace riferirmi a dati “oggettivi” trasmessimi da grandi Maestri che di questo tema ne hanno parlato, se non in testi editi, durante i Teacher training che ho svolto. In primo luogo mi voglio rifare ad una frase citatami dal Maestro Giuliano Vecchiè rispetto a una grandissima dell’Ashtanga Yoga: Nancy Gilgoff, che sosteneva che l’ashtanga è una pratica “draft”, cioè tecnicamente “sporca”, inquanto rapida (lo si vede nelle foto storiche di Krishnamacharia o Pattabi Jois, dove affrontano le asana in una maniera che oggi definiremmo “non allineata”, ma loro avevano dei concetti nella pratica che erano probabilmente “energetici”, più che funzionali), cosa che negli anni è stata mitigata da Maestri come Richard Freeman che sosteneva giustamente di fare “Ashtangar”, cioè di avere portato nella tecnica dell’Ashtanga gli allineamenti (o alcuni di essi) dell’Iyengar. Fatto sta che comunque nel Vinyasa, che sia flow o ashtanga, si da molta importanza al flusso proprio perchè la caratteristica della pratica è questa. Il Maestro Mark Darby è estremamente puntuale, ma vario, nel ritmo della pratica e utilizza varie tecniche di conteggio, una di queste addirittura pronunciando tutti i bijamantra dei chakra per scandire l’inspiro e l’espiro, trovando un timing eccezzionale (provato durante il suo stupendo Teacher Training). Una sua raccomandazione ricordo era di non stare troppo a sistemarsi nella posizione, perchè doveva essere dato ritmo al flusso, quindi, magari entrare come si riusciva e cercare di stare sul respiro… quindi come sosteneva la Gilgoff, entrare nel respiro senza indugiare in sistemazioni eccessive. David Swensonn a tutti questi dubbi ha dato una risposta pragmatica da americano quale è, la prima serie dell’Ashtanga deve essere terminata tutta, compresi saluti al sole, tutti i vinyasa, e chiusure in 1 ora e 20 o massimo in 1 ora e mezza. Chi ha fatto il suo Teacher Training (io l’ho fatto) è stato cronometrato nel conteggio dei saluti al sole (lo fa uno per uno per verificare come conti e se rispetti i tempi) e durante la conduzione della pratica (ti fermava e diceva: a questo punto dovete più o meno essere al navasana, se siete più avanti siete troppo veloci, se siete indietro troppo lenti). Tutto questo dimostra quanto nel vinyasa il giusto ritmo sia necessario per considerarlo appunto “Vinyasa”. Per ciò che riguarda l’Ashtanga esiste un metodo molto semplice di verifica, prendete il video di Pattabi Jois che guida la prima serie su Yotube.

Il video dura 1 ora e 18 minuti sigla iniziale e mantra compresi (circa 3 minuti), in quel caso il Maestro fa 3 saluti al sole A e 4 saluti al solo B, ma anche se ne avesse fatti 5 e 5 era perfettamente all’interno del range che abbiamo citato (se lo ha detto Swensonn, la regola gliel’ha data Pattabi Jois, lui è molto rigoroso) … e se non conta giusto lui, non so chi possa farlo. Io tendo ad essere piuttosto conservatore in queste cose, per cui, non mi prendo libertà e l’Ashtanga lo tengo col ritmo originale (cioè la prima serie si fa in 1.20 o 1.30 chiusure comprese), per cui quando facciamo una pratica dove arriviamo al navasana e magari non faccimo fare il vinyasa tra un gamba e l’altra ma solo tra un’asana e l’altra, dire che 1 ora è più che sufficiente, altrimenti stiamo facendo la sequenza delle asana dell’ashtanga, ma non Ashtanga Vinyasa Yoga. Un dettaglio, nel video che ho citato noterete che manca un’asana, il parivrtta parsvakonasana… alla faccia di quelli che la sequenza è scolpita sulle tavole della legge, il Maestro la sequenza nella sua storia l’ha variata alcune volte, con buona pace dei puristi dell’inviolabilità.. ma questa è un’altra storia.

Simone Faedi